Comunità energetiche, avvertenze per partire col piede giusto

L’importanza dei “facilitatori” e del passaparola, i rischi per i piccoli Comuni

Secondo il Mase, il decreto sulle Comunità energetiche (Cer) e l’autoconsumo diffuso consentirà la realizzazione di 5 GW di nuova capacità di generazione di energia rinnovabile. Grosso modo, la stessa cifra prevista tra il 2021 e il 2025 da uno studio dell’Energy & Strategy group del Politecnico di Milano, a dimostrazione delle opportunità perse, ritardando prima il recepimento di questa misura, prevista dalla Direttiva Red II del dicembre 2018, poi l’emanazione del decreto attuativo. Più di cinque anni rappresentano un ritardo in nessun modo giustificabile, di cui sono responsabili praticamente tutte le forze politiche, che alternativamente si sono susseguite al governo del paese. Poiché il Mase stima che il numero di potenziali progetti ammissibili sarà compreso tra 5.000 e 1.600.000, a seconda delle dimensioni degli impianti, pur riducendo questi numeri con l’esclusione dal computo degli autoconsumi individuali e collettivi, in quattro anni si tratterà di realizzare alcune migliaia di Cer. Poiché tranne rare eccezioni, che presumibilmente riguarderanno Comuni di notevoli dimensioni e con adeguate competenze, nella fase iniziale l’iniziativa di creare una Cer difficilmente verrà presa in modo autonomo da una comunità locale, per realizzare un obiettivo così sfidante sarà essenziale non solo il ruolo svolto dai “facilitatori”. Certamente svolgeranno questo compito i grandi operatori energetici, in grado di presentare progetti affidabili e di reperire i finanziamenti necessari; condizioni destinate a facilitare l’accettazione dell’offerta da parte della comunità 44  locale identificata dal facilitatore, al quale verrà quasi sempre affidata prima anche la realizzazione del progetto per conto della Cer e successivamente la sua gestione. In un’economia di mercato questo modus operandi rientra tra i business remunerativi che un operatore energetico legittimamente persegue. Viene però a mancare l’obiettivo primario della costituzione di una Cer: creare una comunità locale capace di autogovernare sia la produzione elettrica che consuma, sia la parte residua da collocare sul mercato; rimpiazzata da una comunità che si limita a godere della riduzione del prezzo per una quota significativa dell’energia utilizzata. Sul versante diametralmente opposto dei facilitatori, si collocano soggetti senza fine di lucro, il cui scopo essendo la promozione delle rinnovabili, hanno necessariamente acquisito sufficienti competenze in materia. A titolo esemplificativo, cito Legambiente, perché ha già promosso la realizzazione di progetti con potenza installata fino a 200 kW e allacciati a una cabina secondaria, gli unici finora consentiti, e con 18 sedi regionali e 1.000 gruppi locali ha una diffusa presenza sul territorio nazionale. Tra questi due estremi già si muovono altri facilitatori adeguatamente competenti, ma di peso inferiore, tra cui, a quanto pare, alcuni poco affidabili. L’esperienza di paesi come la Germania, dove già prima del varo della Red II erano state realizzate quasi 5.000 comunità energetiche, ha messo in evidenza il ruolo importante, per la loro crescita, dell’effetto imitazione. Il passaparola potrebbe però produrre il risultato opposto, se nella fase iniziale si verificassero in Italia fallimenti delle Cer dovuti all’insipienza o alla spregiudicatezza dei facilitatori. Purtroppo, non sono previsti criteri per verificare la loro affidabilità. Questo rischio è più elevato per i Comuni con meno di 5.000 abitanti, che fino al 30 giugno 2026 possono usufruire di finanziamenti del Pnrr pari al 40% dei costi di investimento dell’impianto, per un ammontare complessivo in grado di agevolare la realizzazione di 2 GW. Si tratta infatti di enti locali dove mancheranno non solo le competenze specifiche, ma anche le risorse professionali e organizzative per gestire l’esercizio di una struttura complessa come una Cer. Certamente è una garanzia che l’accertamento della completezza della documentazione trasmessa e la decisione sulla successiva decadenza degli incentivi per la perdita di uno o più dei requisiti di ammissibilità o per dichiarazioni mendaci spetti al Gse, dotato di tutte le competenze richieste, ma, come ho già sottolineato in interventi sulla Staffetta, la ripetuta attribuzione di nuovi ruoli per carenza di altre strutture in grado di svolgerli, rischia di appesantirne in misura eccessiva l’attività, a detrimento della sua efficacia. Anche il percorso la realizzazione di un numero consistente di Cer, necessario per centrare gli obiettivi di capacità rinnovabile al 2030, sarà pertanto accidentato.

GB Zorzoli

Staffetta Quotidiana, 26-01-2024

 

 

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